Polifonia del segno
Anni fa, ho avuto l’onore e il piacere di cantare come soprano non solista nel Coro Polifonico Veneziano, diretto dal Maestro Gianni Checchini; splendido coro veneziano che eseguiva madrigali del Cinquecento, melodrammi polifonici del Seicento, Monteverdi e altri autori. Il coro è stato poi diretto da una ex-allieva del Maestro Checchini, la Maestra Mara Bortolato, e anche in questo ho avuto il piacere di cantare. Dalla complessità e dalla bellezza della musica polifonica, ho preso l’ispirazione per mettere a punto il mio personale linguaggio pittorico “segnico”.
Mentre abbozzavo le mie figure pittoriche, immaginavo di rappresentare con i miei segni le voci umane e con le pennellate l’intervento strumentale. Per chi non lo sapesse, nell’opera musicale polifonica esistono almeno quattro voci umane corali (soprani, contralti, tenori e bassi) che cantano contemporaneamente ma quasi sempre “sfasate” nel tempo, come nella canzoncina “Fra’ Martino campanaro”; esse cantano ognuna un’ottava sopra o sotto all’altra; ma anche cantano lo stesso tema base con melodie diverse e parole diverse. Spesso esistono anche delle voci soliste, che cantano più forte di quelle corali, emergendo su di esse. E infine, spesso ci sono gli strumenti (clavicembalo, oboe, ecc.) che eseguono melodie simili a quelle delle voci umane, ma più in sordina.
Ho fatto corrispondere le voci soliste ai miei segni più larghi, i quali sono pochi ma emergono con forza da una rete delicata di molti segni sottili, che rappresentano le voci del coro, e ho fatto corrispondere il suono degli strumenti con le pennellate di colore.
E tutti, segni e pennellate, cantano lo stesso madrigale, alla Dea Madre, all’Amore o…all’eleganza felina, con “brani” simili ma mai uguali, perché, se un segno forte emergente (il solista) racconta a modo suo il profilo di una coscia, un gruppo di altri segni sottili la descrive nel suo spostarsi nello spazio o nel suo modificarsi gonfiando o rilassando i muscoli, oppure privilegiando la descrizione della rotula piuttosto che quella della carne. Le pennellate, a loro volta, si insinuano come la voce suadente dell’oboe o il suono del clavicembalo, per un gioco d’ombra o per enfatizzare un segno “solista”.
Alla fine, però, la composizione musicale, come quella pittorica, deve risultare ben armonizzata e varia, diversificata nelle voci ma equilibrata nel suo insieme; come, nella musica, nessun concertista deve sbagliare, così nell’opera visuale ogni segno dev’essere “giusto”, meditato, esperto; ma deve occupare il posto che gli compete, a volte deve emergere, a volte deve restare in sordina a formare un’opera complessivamente dinamica, asimmetrica ma non squilibrata.
Non so se e quante volte ci sono riuscita, ma questo era e sarà l’obiettivo della mia ricerca “segnica”. E che…la Dea Madre mi assista!
Fernanda Facciolli, 18 Novembre 2009
Fernanda Facciolli "Polifonia di gatto che cade", 2009, acrilico su tela, 40x30 cm. |
Fernanda Facciolli "Segmenti 2", carboncino su carta, cm.50x35, 2008 | Fernanda Facciolli "Segmenti 1", carboncino su carta, cm.50x35, 2008. |
Fernanda Facciolli "Segmenti 1", carboncino su carta, cm.50x35, 2008. |
Opere pittoriche, tutti i temi: