Medusa, dea Luna
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Il frontone con la raffigurazione della Gorgone Medusa (fig.10) che è stato trovato a Corfù, nel sito del grande tempio di Artemide, è un unicum in tutto il mondo greco-latino. Non solo per le eccezionali dimensioni delle sculture trovate, ma anche per il fatto di essere la dimostrazione che, prima della demonizzazione della dea Medusa da parte della religione olimpica di Zeus, la GorgoneMedusa era adorata e glorificata come vero volto della dea Luna e come dea amorevole.
Innanzitutto vediamo il significato del suo nome.
Medusa (in greco antico Μέδουσα, Médusa), come μεδέουσα, in greco antico vuol dire “la Signora”, “la Protettrice”, dal verbo mèdo (μέδω = regnare, reggere) e “medéo” (μεδέω = “prendersi cura”, “proteggere”). Nel suo nome non c’è traccia di mostruosità, decollazioni o pietrificazioni.
Nell’anfora a figure rosse con Odisseo, Atena e Nausica (440 a.C.) da Vulci, ora conservata allo Staatliche Antikensammlungen di Monaco di Baviera (fig. 11), una falce di luna, inconfondibile simbolo lunare, è dipinta sull’egida, prendendo il posto del tradizionale Gorgoneion sul petto della dea Atena. Questo dimostra l’equivalenza dei due simboli. Inoltre, l’egida stessa è disegnata qui eccezionalmente come una superficie liscia con falce lunare e Dunque la “mostruosa” Medusa non era altro che la parziale umanizzazione della dea Luna, un essere divino e superiore che illumina le nostre notti per non farci inciampare e che possiede una testa dall’espressione un poco triste negli occhi, come una madre che partecipa delle nostre pene, ma che tiene sempre la bocca aperta, forse per profetizzare e darci consigli, forse per cantare o forse ancora per gridare nelle doglie perché lei partorisce l’acqua che poi ci manda dal cielo e ci disseta.
Che la Gorgone Medusa fosse proprio l’oggetto luna è comprovato anche dal fatto che gli Etruschi di Cortona la posero al centro di un magnifico sostegno per sedici lucerne (IV secolo a.C.), che doveva essere appeso al soffitto di un tempio. Nel lampadario di Cortona (fig. 12), infatti, la testa della Medusa, rotonda come la luna piena, campeggia in mezzo a figure di sirene e sileni. La sua testa è circondata da una collana di perle piatte e tonde, probabili simboli delle stelle, e da un primo anello abitato da leoni mentre azzannano le loro prede, simboli di forza sovrumana. Segue un giro di onde a gancio sovrastate da otto delfini che sono tutti rivolti da destra a sinistra, come a compiere un giro antiorario.
Ora, si potrebbe credere che onde e delfini rappresentino il mare, se non fosse che, insieme all’ultimo giro di sirene (metà donna e metà uccello e quindi esseri del cielo) e sileni (da Selene=luna, quindi popolo della Luna), compaiono sull’orlo molte testine di Acheloo (il mitico dio-fiume considerato il padre di tutti i fiumi terrestri). Sembra quindi che nel manufatto destinato a dare la luce alla sala buia del tempio siano state poste onde di acqua dolce e non salata. Perciò onde e delfini almeno qui appartengono non al mare ma al mitico Fiume Oceano, cioè (come cerco di dimostrare nel terzo capitolo) alla Grande Acqua Dolce che sembra scintillare lassù nel cielo notturno, girando molto lentamente sempre in un solo verso antiorario, attorno al polo celeste. Il lampadario, dunque, appeso al soffitto sopra le teste dei fedeli, doveva apparire come una copia in miniatura del cielo notturno pieno di stelle. Probabilmente la Gorgone è stata posta al centro non perché rappresentasse la dea Era seduta nel trono polare ma per riconoscere alla dea Luna la supremazia tra le altre luci celesti, come Luce di massima grandezza.
Ma ora osserviamo meglio le onde che circondano la testa di Medusa nel lampadario etrusco: come abbiamo notato, tutte sono rivolte nello stesso verso, come ad indicare un movimento circolare dell’acqua in senso antiorario. Infatti un’onda a gancio è come la punta di una freccia: indica chiaramente uno spostamento nella direzione della punta, perché le onde marine che si infrangono sulla spiaggia hanno sempre la cresta rivolta a terra. Ciò significa che, per gli etruschi, il lento movimento delle stelle intorno al polo celeste denunciava il girare di una massa d’acqua scintillante intorno ad un punto fisso. Secondo me la “svastica” antioraria universalmente dipinta sui vasi antichi era una semplificazione di questo disegno di onde e perciò rappresentava non la forza del sole, come alcuni credono, ma il movimento del cielo intorno al polo.
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(Fernanda Facciolli, “Il giardino celeste”, pagg. 27-31, ed. Amazon 2020)